La transfobia interiorizzata agisce a livello profondo e inconsapevole e difficilmente risparmia qualcun*. Altrettanto – se non più dannosa – della discriminazione e dell’odio transfobici, condivide con essi la sua origine. È il risultato dell’interiorizzazione di messaggi negativi verso le persone trans, trasmessi dalla società sotto forma di critiche, discriminazioni e disumanizzazioni. Questi messaggi degradanti categorizzano le persone trans come devianti, e si rivelano particolarmente dannosi quando a interiorizzarli sono, appunto, le persone trans stesse.

Il costrutto si è sviluppato sulla matrice dell’omofobia interiorizzata, una delle componenti del modello del minority stress teorizzato da Meyer. Ad accomunarle è il processo attraverso cui il mondo interiore assimila aspetti del mondo esterno come atteggiamenti, credenze, valori e modi di relazionarsi. Elemento condiviso sono anche le ripercussioni: quando l’interiorizzazione riguarda messaggi fortemente negativi, come quelli sulle persone trans, può portare a sviluppare sentimenti contraddittori e avversi, come il disprezzo di sé e la vergogna. I vissuti negativi, infatti, possono organizzarsi intorno a molti aspetti dell’identità, tra cui l’identità di genere.

Da dove deriva?

La transfobia interiorizzata non è qualcosa di innato: è alimentata dalla società e dalla sua matrice cisnormata, che fornisce una rappresentazione limitata di come le persone possono identificarsi e comportarsi rispetto alle configurazione dei generi. Per cisnormatività, infatti, si intendono la convinzione e la conseguente imposizione dell’identità cisgender come standard di normalità. Tutto quello che si discosta da questa visione è considerato anomalo e innaturale: prime tra tutte le persone trans.

Già dall’infanzia siamo inconsapevolmente espost* alla cisnormatività, con stringenti aspettative legate a ruoli ed espressioni di genere, che in molti casi precedono addirittura la nostra nascita. Le persone cisgender, tanto quelle trans, ne sono influenzate, finendo per subirne le conseguenze durante la crescita: tutto quello che si allontana dagli stereotipi culturalmente connotati di mascolinità e femminilità cerca di essere riportato nel binario del genere, o viene evidenziato come deviante. Con ripercussioni spesso devastanti per chi subisce queste forzature.

Quali sono le conseguenze?

La transfobia interiorizzata può causare un forte disagio nei confronti della propria identità trans. Frasi come “Non sono una vera donna” e “Non merito di essere amat*” ricorrono tra gli esempi di sentimenti di svalutazione e imbarazzo. Altre conseguenze consistono in:

  • scarsa autostima;
  • sfiducia in sé e nelle proprie capacità;
  • difficoltà nell’iniziare o portare avanti relazioni soddisfacenti;
  • isolamento;
  • vulnerabilità e incapacità di risposta allo stress;
  • aspettative di discriminazione;
  • umore depresso;
  • vissuti di rabbia auto o eterodiretta.

Anche chi è in fase avanzata nel proprio percorso di affermazione di genere può subire le ripercussioni della transfobia interiorizzata, e in modo del tutto inconsapevole. Essere trans non significa aver automaticamente smantellato tutto ciò che di negativo la società associa alla varianza di genere: la continua esposizione a messaggi di svalutazione colpisce anche chi ha già elaborato la propria identità, in misure variabili. Il conflitto con i sentimenti negativi provati riguardo a sé può, infatti, incidere in gradi diversi: per alcun*, con conseguenze contenute; per altr*, con effetti gravi che possono degenerare in un completo rifiuto della propria identità.

Come capire se è qualcosa che ti riguarda?

Nessun* è immune ai messaggi negativi che la società veicola. Al di là del condividere o meno il loro contenuto, e della consapevolezza della loro influenza, finiscono per diventare parte di noi prima che riusciamo ad accorgercene. In pochissim* si rivolgono a un* terapeuta con lo specifico obiettivo di far emergere la transfobia interiorizzata per poterla decostruire. Più spesso è qualcosa che affiora durante il processo di esplorazione di credenze, stereotipi e atteggiamenti verso i generi.

Un tentativo di rilevazione del costrutto è stato compiuto da Bockting e colleghi, che hanno individuato quattro dimensioni in interazione tra loro, indicativi del grado di transfobia interiorizzata. Sulla base di esso hanno costruito uno strumento, il Transgender Identity Survey, che indaga le seguenti aree:

  1. Investimento nel passing (“passare per”), ovvero l’investimento nell’essere percipit* come maschi, femmine o altro, in accordo alla propria identità di genere, e non in base al proprio sesso biologico.
  2. Alienazione, cioè l’evitamento di altre persone trans e l’imbarazzo provato nello stare in loro presenza.
  3. Vergogna per la propria identità trans.
  4. Orgoglio per la propria identità trans.

Fatta eccezione per l’orgoglio, le altre dimensioni si correlano positivamente alla transfobia interiorizzata, perché conseguenti ai messaggi negativi assorbiti dal mondo che ci circonda. Sviluppare sentimenti di alienazione nei confronti delle altre persone trans, investire in strategie di passing, e provare vergogna per la propria incongruenza di genere, possono essere indici di questo.

Come affrontarla?

Proprio perché immers* in una cultura fortemente cisnormata, che condiziona il nostro modo di pensare, agire e sentire a livello profondo, non è facile rilevare la transfobia interiorizzata che alberga in noi. Pur rendendoci conto della transfobia che ci circonda, possiamo non essere in grado di riconoscere di essere portatori e portatrici dei suoi messaggi. La difficoltà nel contrastare questa tendenza, infatti, deriva dal fatto che i segni della transfobia interiorizzata sono spesso invisibili esternamente.

Il primo fondamentale passo per affrontarla, per questo, è riconoscere l’esistenza della cisnormatività, per ammettere la possibilità di aver interiorizzato i messaggi che ne derivano. Farlo significa comprendere che le identità trans sono una variante umana al pari delle identità cisgender. E che essere trans è un modo di essere valido tanto quanto quello cisgender.

Il secondo passo è quello di esplorare a fondo le proprie convinzioni ed emozioni rispetto alle identità trans e ai generi, in tutte le loro declinazioni. Diventare consapevoli di essi, e del modo in cui vengono espressi, anche attraverso comportamenti e relazioni, può rivelarsi liberatorio e orientare verso il cambiamento.

Il confronto con altre persone trans può essere di aiuto nel compiere questi due passi, fornendo punti di vista alternativi, e permettendo di apprendere da chi ha già un percorso personale alle spalle.

Comprendere i modi in cui i messaggi negativi interiorizzati ci limitano e danneggiano può richiedere tempo e rivelarsi destabilizzante e provante. In alcuni casi, la guida di un* psicolog* con un approccio affermativo può essere di grande supporto.

Bibliografia

Singh, A. A., Dickey, l.M. (2016), Affirmative counseling and psychological practice with transgender and gender nonconforming clients. Washington, DC: APA.

Austin, A., & Goodman, R. (2017). The impact of social connectedness and internalized transphobic stigma on self-esteem among transgender and gender non-conforming adults. Journal of homosexuality, 64(6), 825-841.

Tan, K. K., Treharne, G. J., Ellis, S. J., Schmidt, J. M., & Veale, J. F. (2019). Gender minority stress: A critical review. Journal of Homosexuality, 1-19.

Bockting, W. O., Miner, M. H., Swinburne Romine, R. E., Dolezal, C., Robinson, B. B. E., Rosser, B. S., & Coleman, E. (2020). The Transgender Identity Survey: A measure of internalized transphobia. LGBT health, 7(1), 15-27.