I conflitti fanno parte della normale dinamica di una relazione di coppia; quando però gli attacchi di rabbia aumentano di frequenza e intensità, è utile indagare le cause alla base di tali dinamiche e attuare strategie per prevenirle e disinnescarle.

Avete appena finito di lanciarvi ogni oggetto presente in casa vostra; il campo di battaglia tra di voi è carico di elettricità e di quella tonalità emotiva che segue sempre un conflitto pesante, fatta di rimorso, senso di colpa ma anche convinzione di essere nel giusto; lontananza, dolore e orgoglio.

Innanzitutto, normalizziamo un aspetto importante:

i conflitti sono una fisiologica componente all’interno di una relazione affettiva.

Lo scontro di due volontà, di due diversi punti di vista, può portare in alcune occasioni ad inevitabili scintille, non importa il grado di affinità elettive che vi lega. Naturalmente, l’entità e la frequenza delle discussioni varia da coppia a coppia; non c’è un numero massimo o minimo di litigi che possa aiutare a distinguere tra una relazione sana da una che non lo è. Se così fosse, sarebbe sicuramente tutto più facile… ma anche meno bello e, a volte, eccitante.

Sebbene tuttavia non vi sia sicuramente un numero prestabilito di discussioni da evitare o raggiungere, è pur vero che quando i momenti di litigio superano quelli di serenità forse è il caso di rivedere la rotta. Molte litigate spesso potrebbero essere tranquillamente scongiurate; addirittura nascono come banale pretesto, in alcuni casi, per esprimere un disagio più grande e magari non collegato al motivo del conflitto. È il caso, ad esempio, di scoppi di rabbia verso il/la partner in un periodo di forte stress lavorativo e/o esistenziale.

Ma come influenzano i nostri comportamenti lo scatenarsi di una situazione complicata come quella di un conflitto a ferro e fuoco? E come gestire gli attacchi di rabbia improvvisi che irrimediabilmente a volte abbiamo nei confronti del/della nostr* partner?

Scopriamolo insieme.

Rabbia: tra natura e cultura

La rabbia è da sempre considerata un’emozione adattiva: ha il valore evolutivo di innescare la famosa risposta di attacco a situazioni che percepiamo come potenzialmente dannose per la nostra incolumità fisica o psicologica.

Eppure, l’essere umano ha, a differenza del resto del mondo animale, la flessibilità cognitiva necessaria per poter controllare quella rabbia e adattarla alle differenti norme sociali. C’è infatti un’incredibile variabilità nell’espressione della rabbia tra un essere umano e l’altro, e questo perché, essendo noi esseri complessi, lo sono anche le emozioni apparentemente semplici che proviamo.

Da diversi studi infatti la rabbia è stata dimostrata essere un costrutto multidimensionale: ci sono componenti biologiche, psicologiche, sociali, comportamentali, esistenziali ed episodiche che fanno sì che ci siano molteplici elementi necessari da considerare.

Di fatto, il concetto è così complesso da porre diverse difficoltà teoriche e pratiche ogniqualvolta si tenta di spiegarlo.

Da un punto di vista neurobiologico, gli studi di risonanza magnetica funzionale sulla rabbia si sono divisi storicamente, pur con diversi limiti, in tre macro categorie: studi che hanno utilizzato stimoli di visi arrabbiati, studi che hanno utilizzato un paradigma di autogenerazione della rabbia, e studi che hanno provato a provocare una collera vera e propria. La differenza sta nel modo di generare la rabbia che poi verrà misurata.

I risultati tuttavia non sono stati univoci: si è trovata l’attivazione di diverse aree tra cui le aree prefrontali (corteccia prefrontale), temporali (polo temporale, giunzione temporoparietale), e sottocorticali (insula, amigdala, talamo, ipotalamo, ippocampo). Gli studi inoltre hanno paradigmi così diversi tra loro da non essere comparabili, e presentano diverse limitazioni che non permettono di misurare con certezza il costrutto della rabbia. Infatti, anche nel caso di paradigmi che hanno provato ad elicitare una rabbia vera e propria, le condizioni del laboratorio non consentono di ricreare una situazione aderente a quella reale, così come non possono permettere reali relazioni interpersonali.

Nella dimensione della rabbia infatti entrano in gioco anche tutta una serie di variabili totalmente personali, come il proprio costrutto di personalità; socio-culturali, per cui la generazione così come l’espressione della rabbia non sarà per esempio uguale tra la cultura occidentale e quella asiatica; relazioni, per cui la rabbia espressa nei confronti di amic* sarà diversa da quella verso il/la partner.

Quindi: come controllare un’emozione così soggettiva e labile all’interno della relazione affettiva?

Sebbene l’espressione della rabbia sia differente tra cultura e cultura, tra individuo e individuo, ci sono delle tecniche che possono essere attuate per gestirla in maniera efficace.

Scopriamole insieme.

Rabbia: l’arte di disinnescare

Imparare a gestire gli attacchi d’ira è un’ottima premessa per una relazione serena.

Attenzione però: l’obiettivo non è eliminare la rabbia, che come ogni emozione ha una sua valenza; a volte, una sana litigata consente di sfogare frustrazioni e irritazione, permettendo poi ai partner di riavvicinarsi ancora di più.

Tuttavia, come tutte le emozioni estremamente forti deve essere maneggiata con cura.

Una meta analisi di Hyoeun Lee e DiGiuseppe del 2017 ha analizzato tutti i principali studi effettuati sui vari trattamenti utilizzati per la gestione della rabbia e dell’aggressività. La psicoterapia si è rivelata essere il trattamento più utilizzato e anche più efficace, vista la quantità di evidenze scientifiche che ne hanno comprovato l’efficacia. Nonostante siano presenti meno dati, anche tecniche di rilassamento e meditazione si sono rivelate utili nei programmi di gestione della rabbia.

Comunque, come in qualsiasi percorso di trasformazione personale, una premessa fondamentale è l’assunzione di responsabilità relativamente ai propri attacchi di rabbia e la motivazione a modificarli.

Come iniziare?

Qui di seguito una serie di indicazioni utili per cominciare a gestire meglio la propria rabbia

Riconoscere le proprie emozioni

Imparare ad ascoltarsi e a prestare attenzione al momento in cui la propria rabbia sta crescendo, consente di essere maggiormente presenti a se stessi e capire quando è il momento di disinnescare la situazione. Questo è possibile in poche e mosse, come allontanarsi o diminuire il carico emotivo, magari attraverso frasi come “non sto dicendo che è colpa tua, ma per me questa situazione è problematica e ne sono dispiaciut*”; spostare in questo modo il discorso sul piano delle emozioni e lasciar cadere il contenuto oggetto di contesa, permetterà di diminuire il livello di conflittualità

Riflettere sul significato della rabbia

Riflettere consapevolmente sul perché siamo arrabbiat*, ci può far scoprire che oltre alla rabbia ci sono altre emozioni in gioco, come tristezza o dispiacere, che potremo portare all’interno della conversazione conflittuale.

Imparare a comunicare efficacemente

Il professor Albert Mehrabian, psicologo statunitense studioso di comunicazione, dimostrò sperimentalmente un aspetto interessante. Nella comunicazione concernente emozioni e atteggiamenti, il linguaggio non verbale (corpo, mimica facciale) ha un’influenza del 55%; il linguaggio paraverbale (tono della voce, ritmo e cadenza delle parole) del 38%; mentre il contenuto di ciò che vogliamo comunicare solo 7%. Questo ci fa capire quanto sia importante il modo in cui comunichiamo quello che sentiamo nel contesto delle relazioni affettive: gli alti livelli emotivi che si sperimentano sia in positivo che in negativo fanno sì che la comunicazione divenga molto più fraintendibile. Proprio per questo motivo è molto raro che la colpa sia solo da una parte sola, nei litigi comuni; più spesso c’è un concorso di responsabilità.

Cercare di prestare attenzione all’altr*

Prestare attenzione non significa semplicemente ascoltare, ma è qualcosa di più. È vedere l’altr* e i significati che sta cercando di comunicarci, capendo che quei significati hanno una valenza forte tanto quanto i nostri per noi. In un momento di quiete dopo la tempesta, è utile fare una riflessione sui vari punti della discussione, cercando però di capire il punto di vista dell’altro. Ciò non significa necessariamente soffocare il nostro, ma integrare entrambi per avere una visione più chiara dell’innesco del conflitto.

E se l’altro si merita la mia rabbia?

È possibile che io non vi abbia del tutto convint* quando vi ho detto che la responsabilità del litigio generalmente è condivisa. Anche nel caso in cui voi siate dalla parte della ragione, tenete presente che arrabbiarvi non servirà a nulla; di fronte all’aggressività, la risposta dell’altr* potrebbe essere il mutismo o ulteriore aggressività. Piuttosto, è utile riportare il tutto di nuovo sul piano delle emozioni, non per cercare di “uscirne puliti”, ma per far passare il proprio messaggio cercando di essere fraintesi il meno possibile; e questo è possibile unicamente in situazioni di non eccessiva aggressività.

 Imparare a gestire la rabbia è un ottimo modo per assicurarsi una relazione affettiva sana e serena.

Se ritieni di aver bisogno di imparare a gestire la collera, contatta a Brescia, Verona o online, oppure contatta uno psicologo psicoterapeuta nella tua città.

Bibliografia e utili approndimenti
  1. Gilam G, Hendler T. Deconstructing Anger in the Human Brain. Curr Top Behav Neurosci. 2017;30:257-273. doi: 10.1007/7854_2015_408. PMID: 26695163.
  2. Lee AH, DiGiuseppe R. Anger and aggression treatments: a review of meta-analyses. Curr Opin Psychol. 2018 Feb;19:65-74.
  3. Sukhodolsky DG, Smith SD, McCauley SA, Ibrahim K, Piasecka JB. Behavioral Interventions for Anger, Irritability, and Aggression in Children and Adolescents. J Child Adolesc Psychopharmacol. 2016 Feb;26(1):58-64.
  4. Alia-Klein N, Gan G, Gilam G, Bezek J, Bruno A, Denson TF, Hendler T, Lowe L, Mariotti V, Muscatello MR, Palumbo S, Pellegrini S, Pietrini P, Rizzo A, Verona E. The feeling of anger: From brain networks to linguistic expressions. Neurosci Biobehav Rev. 2020 Jan;108:480-497.

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