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4 Dicembre 2020Il bambino gender creative è un libro della Dottoressa Diane Ehrensaft, psicologa dello sviluppo, fondatrice e promotrice del concetto di creatività di genere in infanzia. Pubblicato nel 2016, ma distribuito in Italia da poco meno di un anno, prende in esame le numerose strade che i/le bambin* possono intraprendere rispetto al loro genere.
Attraverso un linguaggio chiaro e una trattazione arricchita da storie di vita, vengono fornite risposte ai tanti interrogativi sollevati sul tema, a causa delle controversie che lo circondano, come: la non conformità di genere nell’infanzia è patologica? I/le bambin* non sono troppo piccol* per sapere cos’è giusto per loro? Antonia Caruso, autrice della prefazione all’edizione italiana, a proposito di ciò afferma: “Non sarà una prefazione o forse neanche un libro a distruggere gli stereotipi […]. Questo libro […] è qui a dirvi piuttosto di non lasciarvi spaventare né condizionare troppo se la vostra prole vi confessa di non stare bene nel suo genere e/o nel suo corpo.” (pag. 10).
Chi è il bambino gender creative?
Nelle parole dell’autrice, gender creative è “un bambino che intreccia e unisce natura, educazione e cultura in un’infinità di modi per determinare quel genere che è “me”.” (pag. 28). Tre sono, infatti, i piani individuati come costitutivi del genere, i fili del suo intreccio:
- la natura, che include le caratteristiche sessuali primarie e secondarie (cromosomi, ormoni, recettori ormonali, gonadi);
- l’educazione, che corrisponde alle pratiche di socializzazione e relazione sperimentate in famiglia, a scuola, con coetane*, e nei diversi contesti;
- la cultura, che racchiude le prassi, i valori, l’etica e le leggi di una società.
(Foto di Sharon McCutcheon)
Il genere è teorizzato essere un intreccio di dimensioni, che possono andare oltre le due caselle del maschile e femminile (in opposizione al binarismo di genere, punto di vista che prende in considerazione le alternative binarie “maschio” e “femmina” come le uniche possibili). Piuttosto, secondo Ehrensaft, il “me” risultante da questo intreccio può essere “un maschio, una femmina o un miscuglio di generi e può riflettere o meno il sesso che risulta dal certificato di nascita del bambino in questione” (pag. 28). Il suo pensiero celebra, infatti, la creatività, una parola a connotazione volutamente positiva, che evoca concetti di espansione ed evoluzione: da patologia a possibilità, la non conformità di genere trascende i confini, e si esprime in termini di potenzialità.
Il genere risulta, così, una costruzione tridimensionale avviata in infanzia intessendo tre fili principali: natura, educazione e cultura. Avviata, e non conclusa, perché, come spiega l’autrice, tutt* noi continuiamo a mettere a punto l’intreccio di genere fino all’ultimo dei nostri giorni. Per questo le traiettorie del suo sviluppo devono comprendere una quarta fondamentale dimensione: il tempo. Ehrensaft pensa alle configurazioni di genere dei/delle bambin* come a fiocchi di neve, di cui è impossibile trovare due copie identiche. Le combinazioni sono infinite, anche grazie alla loro evoluzione attraverso il processo di crescita. L’obiettivo è per tutt* lo stesso: quello di raggiungere ciò che nel libro è chiamato “il vero Sé di genere”.
Possono i/le bambin* sapere qual è il loro vero genere?
La rivoluzione dell’approccio di Ehrensaft sta proprio nella risposta a questa domanda. Il pensiero dominante sulla non conformità di genere in infanzia esclude i/le bambin* dalla possibilità di un’autodeterminazione, di una comprensione e scelta autonoma a proposito del loro genere. Questo, in virtù di una (presunta) tutela da possibili ripensamenti, errori, o cambi di direzione futuri. Genitori, medici, insegnanti sono le uniche figure ritenute capaci di decidere cos’è meglio per i/le bambin*.
Ehrensaft, al contrario, aderisce a un modello di affermazione di genere, in cui vengono incoraggiate l’esplorazione e l’affermazione della configurazione di genere dei/delle bambin*, a prescindere dal quanto è stato loro assegnato alla nascita. Parla, infatti, di salute di genere come dell’opportunità di vivere nel genere che sentono più reale, e che l* mette maggiormente a loro agio. Non forza all’accettazione del genere assegnato alla nascita come vero genere, come accade, invece, negli approcci riparativi. Sostiene, piuttosto, che l’unico modo di essere cert* di conoscere il vero genere dei/delle bambin* è quello di imparare ad ascoltarl*.
Come è possibile offrire supporto alla creatività di genere di un* bambin*?
Per crescere un* bambin* gender creative, serve un genitore gender creative. Questo non significa che la non conformità di genere debba essere un tratto di famiglia; significa che per districarsi nel labirinto dei generi c’è bisogno di un genitore apert* all’ascolto e al supporto all’esplorazione. Diverse sono le risorse a disposizione delle famiglie, a partire dal sostegno professionale e competente da parte del personale sanitario. L’esplorazione può essere incoraggiata nel rispetto delle tempistiche individuali, in allerta riguardo alle soglie e ai criteri invariabili fin troppo spesso utilizzati nella rilevazione del genere. Prima di tutto, però, c’è bisogno di accogliere la creatività di genere come una bella, e non una brutta, notizia: come la possibilità di un arricchimento.
Perché leggere questo libro?
- Offre a genitori, insegnanti, famiglie e addett* al settore una risorsa completa e aggiornata; è una delle poche risorse in lingua italiana, per prendersi cura dei/delle bambin* con un genere non conforme.
- Fornisce un’accessibile chiave di lettura alla depatologizzazione della non conformità di genere nei/nelle bambin*.
- Rende i/le bambin* protagonist*, attraverso le loro storie e parole. Ricorda a tutt* noi che i/le bambin* sono in grado di sentire e di decidere; se l* ascoltiamo veramente, saranno loro stess* a dirci chi sono.
- Affronta il più ampio tema della formazione dell’identità in un’ottica intersezionale, in cui le sua dimensioni non solo si sovrappongono, ma si intersecano e co-caratterizzano.
Ehresaft E. (2016). Il bambino gender creative: Percorsi per crescere e sostenere i bambini che vivono al di fuori dei confini del genere. Città di Castello: Odoya.