Quando si incontra la persona “giusta”, quella che ci completa e che condivide i nostri progetti, quella con cui esplorare nuovi orizzonti e abitare nuovi mondi, è naturale sentire di voler allargare la famiglia.

La decisione di avere un figlio non è mai banale, solitamente è preceduta da una serie di dubbi: sarò in grado di prendermi cura di mio figlio? Riuscirò ad essere un buon genitore? Sarò capace di provvedere ai suoi bisogni? Mio figlio sarà felice?

Oltre a tutte queste domande non è da sottovalutare il delicato periodo della gravidanza, la cui fine darà definitiva risposta alle speranze e alle paure dei genitori.

Che cosa succede se però qualcosa va storto? Problemi gravi potrebbero presentarsi improvvisamente, alla fine della gravidanza oppure durante la stessa. Il risultato non cambia e in ogni caso ci sentiremmo dire  “Signor*, suo figlio rimarrà disabile a vita”.

 

Il momento della diagnosi

Immaginate di essere quella madre o quel padre.

La prima sensazione è lo shock, probabilmente vi sentirete intontiti, increduli, quasi paradossalmente distaccati da quanto vi stanno dicendo. Lo shock iniziale lascia poi il posto al rifiuto, al dolore, al senso di colpa; vi sentite responsabili della condizione di vostro figlio, per non parlare delle difficoltà a cui andrete incontro, che già sembravano enormi prima di questa notizia e adesso appaiono insormontabili. È difficile in questi momenti riuscire a vedere i lati positivi, di fronte a voi soltanto il buio, fino al punto di arrivare a pensare che forse era meglio non averlo affatto un figlio.  Altre volte invece la tendenza è quella di fingere che niente stia accadendo, che sia tutto normale. Si tenta così di negare la disabilità e di conseguenza la realtà; e questo porta a misconoscere e non accettare la diagnosi e che quindi preclude le cure necessarie.

 

Evoluzione del nucleo familiare

La famiglia fortunatamente è un sistema in continua evoluzione e per questo è in grado di riorganizzarsi anche di fronte agli eventi più terribili. A modificarsi non è solo l’assetto familiare, ma anche e soprattutto gli orizzonti d’attesa dei genitori, i loro progetti per il figlio e per in nucleo familiare; le prospettive potrebbero ridursi sia quantitativamente che qualitativamente, assumendo una connotazione più improntata sul presente piuttosto che sul lungo termine.

 

La famiglia, di fronte all’esigenza di riorganizzarsi, può farlo seguendo quattro direzioni qui descritte.

Child-oriented (centrata sui bisogni del figlio)

In questa situazione, l’attenzione è totalmente centrata sulla condizione del bambino ed il resto passa in secondo piano. I bisogni della coppia si perdono di vista ed il rapporto finisce con il logorarsi e assumere una funzione esclusivamente di cura ed accudimento.

Home oriented (centrata sull’ambiente domestico)

La casa diventa il luogo sicuro in cui il figlio può crescere, dunque tutte le energie saranno investite nel rivoluzionare l’ambiente domestico secondo le nuove esigenze. A lungo andare però, il rischio è quello di considerare come luogo sicuro solo ed esclusivamente l’abitazione e di privare dunque il figlio di esperienze di mondo significative all’esterno.

Parent-oriented (centrata sulla nucleo familiare)

La famiglia e le sue dinamiche emotive e relazionali in questo caso assumono un’importanza tale da escludere l’Altro e il mondo. Questa chiusura non favorisce gli scambi sociali e le aperture al prossimo, che rappresentano una delle principali fonti di aiuto e sostegno per famiglie di questo tipo.

Orientamento incerto

In questo caso, la coppia genitoriale si sfalda a tal punto che non ha più presente quale sia la direzione più sensata da prendere. La cura del figlio potrebbe per esempio ricadere su uno solo dei due genitori perché dalla coppia emergono priorità diverse, generando un’incomunicabilità distruttiva tra i due.

Focalizzarsi esclusivamente su una sola di queste quattro modalità porta la famiglia al disfacimento, in quanto in ogni caso si andrebbero a tralasciare elementi fondamentali del nucleo familiare.

Le dinamiche familiari e relazionali dovrebbero continuamente essere riorganizzate per evitare confusione di ruoli, funzioni e confini e per agevolare i processi di individuazione, separazione e indipendenza (affettiva, sessuale e relazionale) che il figlio disabile dovrà affrontare.

 

Strategie per…

Affrontare una situazione di questo genere non è mai facile; ma con alcuni piccoli accorgimenti si può almeno migliorare la qualità di vita del figlio, della coppia e dell’intero nucleo familiare.

Ecco alcuni consigli che potrebbero aiutarvi:

  • Migliorate la comunicazione. Un rapporto positivo tra genitori e figli e una buona intimità coniugale possono aiutare il bambino a sviluppare una miglior capacità di comunicazione, migliori abilità cognitive e rapporti sociali con i coetanei. Le famiglie coese e armoniose possono contare su un maggior numero di risorse strumentali ed emotive per affrontare situazioni difficili.
  • Evitate di isolarvi. Diverse ricerche hanno dimostrato che la presenza di reti di supporto oltre la famiglia sono importanti mediatori nello stress genitoriale. La possibilità di avere un adeguato sostegno sociale, psicologico e sanitario gioca un ruolo cruciale sul benessere della famiglia e del figlio disabile. Avere la possibilità di condividere le proprie difficoltà e sentirsi supportati aiuta a ridurre il carico emotivo e la sensazione di inefficacia prevenendo il rischio di burn out.
  • Non dimenticate il benessere della coppia. Ricordate che prima di essere genitori eravate una coppia, con esigenze, abitudini, ritmi e progetti diversi. Ovviamente non potranno più essere gli stessi, ma è importante tenere presente e coltivare ciò che vi piace e vi rende felici. Condividere emozioni ed esperienze, al di là di quelle genitoriali, rafforza la fiducia e permette una maggiore comprensione reciproca. Cercate di non trascurare la vostra intimità!
  • Tenete presente che vostro figlio fa un’esperienza del mondo diversa dalla vostra; ricordate sempre che le cose che per voi sono ovvie potrebbero non esserlo per vostro figlio. Pertanto cercate di trovare modalità di comunicazione e di relazione condivise e comprensibili anche da lui/lei.

 

Conclusioni

È normale provare sentimenti di impotenza e inefficacia o perdere le speranze, ma questo significherebbe privare vostro figlio delle uniche possibilità che ha e che voi in quanto genitori potete offrirgli.

Se vi sentite smarriti o non sapete cosa fare non abbiate paura di chiedere aiuto a professionisti, amici, parenti e chiunque pensiate sia in grado di aiutarvi; non sottovalutate mai l’importanza del sostegno sociale, probabilmente è la risorsa più preziosa che avete a disposizione.

Bibliografia:

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