La genitorialità può essere potenzialmente una delle esperienze più gratificanti e complesse dell’esistenza; ma come ogni progetto, deve fondare le proprie basi sull’autenticità, altrimenti ne risentirà la coppia e soprattutto l’eventuale bambin*
Essere genitore è qualcosa che difficilmente si può descrivere; un’esperienza che, con la sua importanza, è in grado di stravolgere completamente l’esistenza. Dopo la nascita infatti il mondo inizia a girare attorno ad un altro asse, le priorità si stravolgono e si riorganizzano; persino la coppia cambia completamente, perché essere genitori è un ruolo senza data di scadenza. Si è genitori infatti anche oltre la morte, nel ricordo dei figli.
In una società da millenni fondata sulla spinta alla procreazione e sui valori della famiglia, in particolar modo della famiglia tradizionale, la genitorialità è da sempre stata vissuta come una tappa se non obbligata, per lo più implicita. Nel senso comune, il tragitto dell’esistenza si snoda nella crescita, nella realizzazione lavorativa e nella creazione di una famiglia.
Eppure: quanto spesso questo progetto è autentico, nel senso di realmente desiderato?
E quanto poco spesso si è parlato, tranne che negli ultimi anni, della tendenza opposta: quella cioè di non volere figli?
Che conseguenze può avere questa scelta sulla coppia?
E infine: se il/la mi* partner non vuole figli in questo momento, significa che non ne vorrà mai?
“A-genitorialità”: quando una scelta personale diventa stigma
Come abbiamo accennato, il contesto socioculturale in cui siamo stati immersi da sempre ha portato spesso alla conduzione di una vita il cui canovaccio è spesso più o meno simile; e la creazione di una famiglia ha sempre costituito il progetto principe di questo disegno.
Se tuttavia anche solo cinquant’anni fa tutto questo era considerato la norma, nell’epoca postmoderna l’esistenza ha iniziato a intraprendere percorsi differenti.
Il maggior numero di possibilità e di modi di “esistere altrimenti” ha infatti portato a mettere in discussione determinati ruoli o modi di vivere; se questo ha implicato da un lato una perdita di sicurezza, dall’altro ha anche però permesso agli individui di porsi domande sull’autenticità delle proprie scelte, consentendo di decidere in maniera sicura e genuina sia in un senso che nell’altro.
Eppure, sebbene il cambiamento abbia fatto in questi anni passi da gigante, ancora oggi è presente un forte pregiudizio per coloro che decidono di discostarsi dalla “strada maestra”.
Per una donna, decidere di non avere figli è considerato ancora se non un tabù, spesso un motivo di compatimento o di biasimo.
La leggenda per cui una donna “non è completa” senza il desiderio di maternità è dura a morire; ancora oggi causa sofferenza a moltissime donne, che pur non rinunciando alla propria indipendenza, non si sentono comprese dalla società cui appartengono. Eppure i dati parlano chiaro: in un’indagine ISTAT del 2016, il 45,4% delle donne di età compresa tra 18 e 49 anni era senza figli. Il 22,2% delle donne senza figli dichiarava che non intendeva averne né nei successivi 3 anni né in futuro; di queste, il 17,4% era childfree, ovvero affermava che la decisione di non avere figli in futuro era stata presa perché la maternità non rientrava nel proprio progetto di vita. I dati ovviamente cambiavano a seconda delle fasce di età, ma l’aspetto interessante era che la decisione di non avere figli rimaneva comunque alta anche nelle donne fino a 34 anni (23% tra le 25-29enni e 22,4% tra le 30-34enni).
La scelta di non volere figli è del tutto legittima ed estremamente personale: ogni essere umano ha infatti il diritto e il dovere di autodeterminarsi seguendo in libertà le proprie inclinazioni e i propri progetti di vita, che sono diversi ed unici come ciascuno di noi. Eppure, giudizio e biasimo pesano ancora su tante donne che decidono di non avere figli, con ripercussioni sulla loro salute mentale, sulla dimensione sociale e a volte anche lavorativa. Quando invece che giudicare le libere scelte degli altri, sarebbe forse il caso di sostenere quelle coppie che di figli non ne hanno potuti avere, nonostante li desiderassero.
… e per gli uomini?
A soffrire dello stigma dell’essere “childfree” sono soprattutto le donne. Tuttavia, la ricerca ci mostra come in realtà anche per gli uomini che decidono di non avere figli è presente una qualche forma di disapprovazione sociale, anche se minore. In uno studio pubblicato sul Journal of Social Psychology di Iverson e collaboratori del 2020, in cui veniva chiesto a dei valutatori di esprimere un’opinione su un campione composto da donne e uomini, è emerso che valutazioni più negative venivano espresse ugualmente sia per le donne che per gli uomini che decidono di non avere figli, sebbene con intensità e sfumature differenti.
Interessante da notare è il fatto che, contrariamente a quanto si possa pensare, le motivazioni che spingono gli uomini a non avere figli non sono così diverse da quelle che vengono dichiarate dalle donne. Maggiore indipendenza economica, maggiore crescita professionale, il volersi sentire diversi rispetto ai ruoli di genere tradizionali, o semplicemente il fatto di non avvertire la genitorialità come un progetto proprio e appetibile.
A prescindere dal genere, appare infatti chiara una cosa: la genitorialità è un progetto di vita senza data di scadenza e che deve essere del tutto personale, autentico ed identitario se non si vuole correre il rischio di far soffrire se stessi, il proprio partner e l’eventuale bambin*.
Ma cosa fare quando nella coppia c’è un disallineamento in tal senso?
Vediamolo insieme.
La coppia di fronte alla genitorialità
A prescindere dal proprio personale modo di concepire l’esistenza, la consapevolezza è il principale requisito per prendere scelte importanti come quella dell’essere genitore.
Può capitare tuttavia di ritrovarsi in una situazione in cui la coppia si trova ad un bivio: uno dei due partner ad esempio può non sentire come proprio un progetto genitoriale, oppure può non avere ancora le idee chiare nei termini di eventuali prospettive future.
Ecco alcune indicazioni utili per gestire situazioni così delicate:
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Se siamo noi a sapere cosa effettivamente vogliamo
Qualora fossimo noi i più decisi (in un senso o nell’altro), è giusto che il/la partner ne sia mess* al corrente. Se infatti, dopo una analisi personale consapevole, siamo giunti alla conclusione di sapere con certezza di volere – o al contrario, di non volere – figli, informare il/la compagn* consente di mettere fin da subito in chiaro la nostra posizione, per evitare che ci siano fraintendimenti in futuro. Uno dei motivi di maggior dolore alla fine di una relazione che mi capita spesso di vedere tra i miei pazienti, è proprio la mancanza di comunicazione nei termini della progettualità, che porta ciascun* partner a costruire un proprio ideale progettuale non condiviso, con conseguente shock e lutto quando si scopre poi che non corrispondere a quello dell’altr*.
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Se è il/la nostr* partner a sapere effettivamente cosa vuole
Qualora sia invece l’altr* ad avere le idee chiare, sta a noi decidere se la sua linea progettuale corrisponde alla nostra oppure no. Potrebbe essere chiaro fin da subito, come invece potrebbe essere difficile da determinare, perché non sappiamo ancora cosa vogliamo; ciò che conta è che siamo consapevoli di ciò che la posizione del/della nostr* compagn* comporta in termini di progettualità. Ma qualora non sapessimo proprio deciderci…
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Se ancora non sappiamo se vogliamo essere genitori o meno
Può darsi che in questo preciso momento ancora non sappiate quale sia la vostra idea di futuro, così come può non saperlo il/la vostr* partner. Avere fretta di rispondere a questo quesito spesso è in realtà controproducente, perché conduce a scelte affrettate dovute all’ansia del dover porre rimedio all’indeterminatezza. Fondamentale, a livello della coppia, è condividere: paure, pensieri, congetture. La progettualità può essere infatti in continuo cambiamento, in parallelo con i nostri contesti e i nostri modi di stare nel mondo; essere consapevoli di come ci si sente di volta in volta al pensiero di un potenziale “noi” futuro con o senza figli è già un ottimo primo passo per prendere di conseguenza decisioni autentiche. Può essere utile aprire periodicamente un confronto sull’argomento, per capire se le posizioni del/della partner siano cambiate e come questo ci faccia sentire.
Se pensi di aver bisogno di una consulenza di coppia relativamente al progetto della genitorialità, contattami anche per un colloquio online o contatta uno psicologo psicoterapeuta nella tua città.
Bibliografia e utili approndimenti
- Sobotka T. (2017) ‘Childlessness in Europe: Reconstructing Long-Term Trends Among Women Born’ in 1900–1972. In: Kreyenfeld M., Konietzka D. (eds) Childlessness in Europe: Contexts, Causes, and Consequences. Demographic Research Monographs (A series of the Max Planck Institute for Demographic Research).
- Iverson H, Lindsay B, MacInnis CC. “You don’t want kids?!: Exploring evaluations of those without children.” J Soc Psychol. 2020 Sep 2;160(5):719-733.
- Smith I, Knight T, Fletcher R, Macdonald JA. When men choose to be childless: An interpretative phenomenological analysis. Journal of Social and Personal Relationships. 2020;37(1):325-344.