Come creare e alimentare conflitti nella relazione di coppia

Come si è visto nel capitolo precedente, un aspetto fondamentale per una buona relazione di coppia, la comunicazione appunto, viene spesso trascurata; o meglio, si dà per scontato che il nostro dialogo interno, fatto di pregiudizi e interpretazioni, raccolga e nasconda la verità sugli intenti altrui; cosa che poi riversiamo all’esterno attraverso le parole e le modalità comunicative che appaiono rese più compromesse tanto più è stretto il rapporto.

In una coppia, o comunque in una relazione affettiva importante, caratterizzata da vicinanza ed intimità, ci troviamo a volte impacciati o in difficoltà per il timore di rompere qualcosa ottenendo l’effetto che si realizza davvero: una sorta di “profezia che si auto-avvera” che però prende vita dall’intento di evitare il conflitto il più possibile. Assurdo no? Eppure capita più spesso di quanto si pensi.

Spesso infatti riversiamo all’esterno convinzioni che nascono da credenze sbagliate, come quella di “leggere il pensiero” o di conoscere fino in fondo la persona che ci si trova di fronte, ma diamo tanta importanza alla comunicazione con gli Altri e così poco a quella dentro di noi che capita di incastrarsi in pensieri nostri che ci rendono una realtà deformata e “cattiva”, tanto da spingerci ad adottare modalità di attacco-fuga (come visto nel precedente capitolo) incompatibili con la comprensione interna alla coppia.

In diverse occasioni di formazione ho riportato la seguente riflessione: da anni sentiamo dire che la componente non verbale della comunicazione è una parte importante della comunicazione, tanto da rappresentarne, secondo alcuni studiosi, la maggior parte. Quindi, quando comunichiamo con gli altri, le parole che usiamo hanno una importanza relativa, e dovremmo fare molta attenzione agli aspetti non verbali dell’interazione (prossemica, tono, cadenza, pause, gesti, intercalari, ecc.). E quando invece pensiamo? Quando ci diciamo o raccontiamo “perché il/la mia compagno/a ha fatto/detto così”?

Quando pensiamo la maggior parte del racconto che ci facciamo è fatto di parole, parole che noi rivolgiamo a noi stessi: la parte non verbale in questo ambito ha una importanza relativa: non usiamo toni particolari, non siamo “vicini o lontani da noi stessi” e non gesticoliamo neppure…eppure siamo più attenti alle parole quando parliamo con gli altri che non quando “parliamo a noi stessi” (o pensiamo appunto).

Perché è importante riconoscere i problemi di comunicazione?

Tutti i più grandi scienziati sono partiti dal presupposto che “se so dove posso sbagliare, eviterò lo sbaglio”, e questo è abbastanza vero. E’ importante che all’interno della coppia ci sia consapevolezza su come comunichiamo, ma anche su cosa ci raccontiamo! Quello che vorrei fare in questo capitolo è aggiungere qualche aspetto verbale da tenere in considerazione e qualche spunto sul dialogo interno che dovremmo cominciare a considerare.

Alcune altre modalità per farsi del male in una coppia

Vediamo alcune modalità disfunzionali in aggiunta a quelle condivise lo scorso capitolo.

  • Puntualizzare (eccessivamente)

Puntualizzare, di tanto in tanto e con accortezza, è sicuramente una strategia intelligente; permette di aiutare l’altro a comprendere come si sta, quali sono gli aspetti da correggere e le direzioni che sarebbe bene prendere per supportarsi e sopportarsi, ed aiuta ad evitare incomprensioni: ma come tutto quando si esagera diventa fastidioso, e la possibile soluzione diventa un peso.

Quando si fanno notare le manchevolezze e gli errori si passa dalla complicità alla rivalità: non seguo può un consiglio perché utile, ma mi sento in gabbia e voglio evadere. Proviamo irritazione, sopraffazione e si innesca un conflitto.

La puntualizzazione è un modo di rendere logico, razionale, qualcosa che si base invece su emozioni, sentimenti e, perché no, improvvisazione e sorpresa. Quando, attraverso una eccessiva razionalizzazione, si mettono troppi paletti, la relazione rischia una caduta in sensazioni di freddezza e mancanza di affetto, a favore di sensazioni di controllo e giudizio.

  • Rinfacciare comportamenti o parole

Può assomigliare al ritiro sulla difensiva, ma in questa accezione ha un significato più chiaro: assumo il ruolo di vittima per farti sentire in colpa e farti cambiare comportamento.

Con questa modalità, molto distruttiva, non ci si limita a far notare gli errori e le mancanze, ma si mette l’altro nella posizione di carnefice, ottenendo un effetto paradossale (apparentemente): invece di cambiare e sentirsi in colpa, l’altro si arrabbia e si difende in maniera forte, importando nella relazione una importante carica d’”odio” verso la vittima che si sente ulteriormente giustificata a sentirsi tale; si crea così un circolo vizioso da cui, se non si interrompe, ne escono due sconfitti.

  • Recriminare

Quanti di noi si sono sentiti sottoposti a un processo per degli errori o mancanze notate dall’altro? Penso tutti. Sebbene l’intento sia quello di far notare, senza vie di scampo, l’entità dell’errore e la gravita del fatto, fa sentire il colpevole una “vittima”, redarguita per qualche fatto la cui condanna è espiata con il “processo”; l’effetto è spesso uno solo: aumentare la tensione e portare l’inquisito sul piano della difesa.

Recriminare funziona in un’aula di tribunale, meno in una relazione, dove c’entra poco con le dinamiche emotivo-affettive che sono in campo; l’unica cosa che attiva è stizza e conflitto. Possiamo avere tutte le ragioni del mondo, sentirci momentaneamente dalla parte del più forte, ma dall’altra parte non otterremo ragione, ma solo una reazione uguale e contraria.

  • La predica

Quanto abbiamo odiato le prediche che ci facevano le figure importanti nella nostra infanzia? Ecco, lo stesso effetto potremmo ottenerlo nella coppia adottando questa modalità comunicativa.

Lo scopo della predica è, attraverso dei principi morali, far sì che l’altro riconosca le proprie colpe e se ne penta: niente di più sbagliato, se la morale diventa regola, come tutte le regole attiva la possibilità di opporvisi e fa emergere il desiderio di evadere. Nella predica possono emergere gli aspetti descritti precedentemente, e questo fa sì che emerga come sia una modalità particolarmente disastrosa.

Altre modalità, più delicate ma non per questo meno disastrose passano attraverso il paragone e il confronto; ciò accade spesso quando vogliamo far notare all’altro che in qualche modo l’avevamo già anticipato: “vedi che è successo quello che ti dicevo?”, “se mi avessi ascoltato”, “perché non hai fatto come ti avevo detto io…”. Facciamo attenzione a porci sul gradino più alto, perché l’altro potrebbe aver la voglia di buttarci giù!

Perché lo facciamo?

Spesso capita di chiedersi, quando ci accorgiamo di aver detto qualcosa di poco utile ad un buon rapporto, perché si continui a sbagliare.

Spesso questo aspetto ha a che fare con il modo in cui noi interpretiamo le intenzioni dell’altro e di come siamo stati educati a evitare future frustrazioni.

Quando qualcuno ci parla, agisce nei nostri confronti o fa qualcosa che per noi ha dei significati catastrofici, mettiamo in campo dei significati tutti nostri che possono andare da idee di riferimento (“Lo fa per farmi star male”, “lo fa apposta”, ecc.) a interpretazioni (“lo ha fatto per…” quel o quell’altro motivo, ma non sappiamo davvero perché, è tutta farina del nostro sacco) oppure riattivare una serie di ferite personali non risolte che ci mettono subito in un atteggiamento di attacco-fuga.

Una cosa importante sarebbe quindi riuscire a comprendere in maniera sempre più tempestiva il pensiero che si attiva in noi quando sentiamo montare dentro di noi una emozione “negativa” per comprendere se sia razionale, logica, condivisa o se è semplicemente frutto del nostro personale modo di vedere la situazione…ma di questo magari ne parleremo in un’altra puntata.

 

Riferimenti

Beck, A.T. (1990). L’amore non basta. Astrolabio ed.

Nardone, G. (2005). Correggimi se sbaglio. Ponte delle grazie ed.

Bassi, G., Zamburlin, R. (1998). La Comunicazione nel rapporto di coppia. San Paolo ed.

Carli, L., Cavanna, D., Zavattini G. C. (2009). Psicologia delle relazioni di coppia. Il mulino