Quando si parla di piacere sessuale femminile è automatico pensare al fantomatico punto G. Chi non si è mai domandato se esiste veramente e soprattutto dov’è localizzato e come stimolarlo?
Anche gli studiosi si sono posti queste domande dedicando anni alla ricerca di una risposta soddisfacente. Tuttavia la sua esistenza rimane ad oggi controversa soprattutto a causa dei numerosi fallimenti nel cercare di definirlo come entità anatomica a se stante.
Basta fare una semplice ricerca su internet inserendo la parola chiave “punto G” per vedere alternarsi articoli che confermano la sua esistenza ed altri che la negano categoricamente. Ma chi ha ragione?
Vediamo in seguito ciò che è emerso da un’analisi della letteratura scientifica sull’argomento.
Perché si chiama punto G e chi l’ha scoperto
Il nome deriva dal cognome dello studioso Ernest Grafenberg (1950) che fu il primo a descrivere quest’area di particolare sensibilità erotica, posta nella parete anteriore della vagina.
Successivi studiosi, tra cui Kinsey, grazie alle loro ricerche su centinaia di donne, hanno rilevato che le pareti della vagina sarebbero insensibili al tatto, andando pressoché contro le affermazioni a supporto del punto G. Probabilmente però, in questi studi, non era stata presa in considerazione la sensibilità vaginale alla pressione.
Altri studiosi più recentemente (siamo nel 2008!) hanno dimostrato che in realtà sussiste una diretta correlazione tra lo spessore della zona tra l’uretra e la parete vaginale e la capacità di provare orgasmo nella donna.
“Punto G”: un concetto obsoleto
Le precedenti osservazioni, assieme ad un altro gran numero di ricerche, hanno permesso a Jannini e colleghi, nel 2014, di sostituire il concetto di “punto G” con quello di “complesso Clitoro-Uretro-Vaginale”, detto anche CUV Complex, formato appunto dal clitoride (nella sua parte esterna ed interna), dall’uretra e dalle ghiandole esocrine periuretrali.
Ricerche ancora più recenti (2016) hanno sottolineato il concetto di “complesso erogeno del muro vaginale anteriore” permettendo di concludere che, dato l’affollamento di numerose strutture nel muro vaginale anteriore capaci di produrre eccitazione sessuale nella donna, è impossibile ascrivere l’eccitazione a una struttura specifica in particolare, rendendo così superato il concetto di “punto G”.
La ricerca del piacere femminile
Se da un lato la ricerca del punto G è vista come uno sforzo positivo per espandere la propria conoscenza sul piacere e sulla risposta sessuale delle donne, dall’altro una ricerca “ossessiva” di nuovi e migliori modi per raggiungere l’orgasmo può portare a frustrazione sessuale e sentimenti di inadeguatezza.
Alcuni ricercatori sostengono infatti che molte donne, non provando particolare piacere dalla stimolazione interna della vagina, possono essere indotte a credere che le loro risposte sessuali siano carenti.
La stimolazione del complesso erogeno del muro vaginale anteriore può produrre in realtà una varietà di sensazioni: c’è chi dice di provare fastidio, chi prova una sensazione di minzione o chi sperimenta un intenso piacere. In alcuni casi, stimolando l’area, può verificarsi un orgasmo con emissione di liquido, la cosiddetta “eiaculazione femminile” (per un approfondimento, leggere questo articolo).
Tuttavia come abbiamo detto, la reazione ad una stimolazione sessuale può essere di volta in volta diversa ed è dunque molto soggettiva, senza che questa ricada necessariamente nella disfunzione o nella patologia.
I punti da ricordare
- Il dibattito all’interno della comunità scientifica è ancora aperto e controverso. Alcuni ricercatori sostengono che ci sono poche prove scientifiche conclusive a dimostrarne l’esistenza, mentre altri credono fermamente che si tratti di una realtà anatomica ben definita.
- C’è concordanza nell’affermare che stimolare il “punto G” non significa premere un “pulsante” che in automatico produce un orgasmo. La sessualità delle donne è, di fatto, complessa. Le emozioni di una donna, i suoi rapporti, le influenze sociali e culturali, nonché la stimolazione fisica, svolgono tutti un ruolo nell’eccitazione e nel piacere sessuale.
- Bisogna abbandonare l’idea che ci sia un modo giusto e uno sbagliato di raggiungere l’appagamento sessuale. Mistificare eccessivamente l’esistenza di una zona erogena “magica” rischia di offuscare la straordinaria varietà di esperienze orgasmiche che una donna può avere.
Bibliografia
Dèttore, D. (2018), Trattato di psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale. Firenze: Giunti.
Jannini, E. et al. (2010). Who’s afraid of the G-spot? Journal of Sexual Medicine, 7: 25-34.
Pfaus, J. G., Quintana, G. R., Mac Cionnaith, C., & Parada, M. (2016). The whole versus the sum of some of the parts: toward resolving the apparent controversy of clitoral versus vaginal orgasms. Socioaffective neuroscience & psychology.
Puppo, V., Gruenwald, I. (2012). Does the G-spot exist? A review of the current literature. International urogynecology journal.