“Ho paura di te ma non è per te”.
Cos’è il trauma
La parola trauma deriva dal greco e significa ferita, lesione. Definisce un danno prodotto da un colpo improvviso, violento e inaspettato nell’organismo. Il termine, prima utilizzato in medicina, è stato poi adottato anche dalla psicologia per indicare quegli eventi a forte impatto sulla psiche che, in quel momento, non dispone delle capacità sufficienti per far fronte a quello stimolo.
Il trauma psichico può derivare da:
- un’esperienza critica vissuta dall’individuo. Può essere il caso di una separazione, un’esperienza di perdita, un abuso, un periodo di forte stress;
- molte esperienze critiche vissute dall’individuo. Si tratta di una situazione che si è ripetuta e protratta nel tempo, in cui la persona è stata spesso esposta a ripetuti traumi;
- esperienze mancanti. La mancanza costante di riconoscimento da parte delle figure di riferimento crea un trauma nello sviluppo.
Quando una persona vive un’esperienza traumatica, le sue idee, le cognizioni e le emozioni a essa collegate, sono superiori alle sue capacità di gestirle, o di adeguarsi a esse. L’esperienza rimane quindi “congelata” e non si integra nel resto della sua esperienza psichica, causando diverse sintomatologie ed espressioni psicopatologiche.
Conseguenze di un trauma precoce sul modo di vivere le relazioni
Le scienze psicologiche hanno da tempo indagato e confermato l’idea che le esperienze traumatiche precoci possano avere conseguenze durature sulla crescita dell’individuo, sui suoi modi di fare esperienza delle relazioni più vicine e sulla sua capacità di gestire le emozioni.
Come è descritto nell’articolo Stili di attaccamento nella coppia, il legame con gli adulti di riferimento in infanzia ha un ruolo importante nello sviluppo della personalità, nella motivazione alla protezione, nella percezione di sicurezza, nella ricerca di vicinanza e nei bisogni di condivisione emotiva.
Quando le figure di attaccamento hanno loro stesse dei traumi irrisolti, le strategie relazionali che adottano non permettono al bambino di fare esperienza di un legame sicuro e prevedibile. Alcuni studi hanno evidenziato l’alta probabilità che diventino essi stessi, a loro volta, traumatizzanti. Non avendo avuto a disposizione gli strumenti per imparare a gestire le emozioni, costruire un senso di coerenza interno e non avendo fatto esperienza dei legami come luogo di cura e di protezione, non possono offrire al figlio l’esperienza di questo tipo di relazione.
Il maltrattamento infantile e l’attaccamento disorganizzato
La prospettiva dell’attaccamento ha riconosciuto che nelle situazioni di genitorialità maltrattante il sistema di attaccamento del bambino subisce uno scacco.
Il comportamento ostile del genitore suscita paura nel bambino, che richiederebbe una risposta di conforto e di rassicurazione da parte del genitore, destinata a non essere soddisfatta. Tale situazione paradossale causa nel bambino movimenti contraddittori rispetto alla figura d’attaccamento e comporta la costruzione di modelli mentali incoerenti o idealizzati di Sé e dell’altro. La comunicazione in questi casi veicola, ad esempio, il seguente messaggio: “Ho bisogno di te, ma ti temo ”, “Se sarò perfetto, finalmente mi amerai”, “Ti amerò solo se mi dimostrerai massimo impegno”, di cui gli interlocutori però non sono consapevoli.
Esperienze di maltrattamenti fisici o psichici in età precoce favoriscono un tipo di attaccamento disorganizzato. La difficoltà sta nel percepire la figura di riferimento come incoerente, minacciosa o imprevedibile, anziché rassicurante e protettiva.
Gli effetti sulla scelta del partner
Persone che non hanno potuto fare affidamento su figure stabili e prevedibili, è probabile che trovino dei partner inaffidabili, aggressivi o violenti. Partner con cui la comunicazione risulterà fredda e la relazione nel tempo diventerà distruttiva. Per quanto infausto sia questo esito, evidenza quanto l‘essere umano abbia, per sua natura, bisogno di mantenere inconsapevolmente la coerenza con il suo copione di vita. Il copione è l’insieme di decisioni prese durante l’infanzia, basate sulle deduzioni tratte dalle esperienze (come, ad esempio, “mamma non mi considera, vuol dire che io non sono degno di amore”), con le quali la persona si spiega ciò che accade nel mondo, e agisce secondo queste.
L’aiuto concreto
I traumi vissuti durante l’infanzia possono avere molta influenza nel presente e nelle relazioni più vicine; rivolgersi a persone che possono dare un aiuto concreto e professionale è darsi il permesso di prendersi cura attivamente di Sé e delle relazioni che si desidera avere.
Essere consapevoli del proprio copione permette anche di scegliere un presente e un futuro diversi rispetto a quelli conosciuti e ora inadeguati, decisi in infanzia.
Questi sono temi di estrema importanza e sensibilità per ognuno, e come tali vanno trattati con un professionista terapeuta in un ambiente sicuro, protetto e terapeutico.
Ignorare il problema o fare da soli non è una grande idea, una persona con questo tipo di attaccamento richiede molte capacità emotive, che solo chi è allenato e preparato è in grado di rispondere in modo da favorire l’evoluzione personale.
Bibliografia
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