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Questi sono i bisogni individuati da Maslow (1954) alla base della sua famosa piramide.
Sono bisogni fisiologici, essenziali per la sopravvivenza dell’uomo: prima di soddisfare i bisogni più alti nella scala, l’individuo tende a soddisfare quelli più in basso, ovvero quelli più importanti per la sua sopravvivenza.
Una persona con disabilità (motoria o intellettiva) spesso può vedere compromessa la possibilità di soddisfare tali bisogni, per fortuna però esistono numerose figure assistenziali che possono andare incontro alle esigenze del singolo individuo e sopperire alle sue mancanze: se non sarà in grado di nutrirsi autonomamente verrà imboccato, se non sarà capace di spostarsi verrà spostato e così via.
E per il sesso?
Per un disabile la sfera sessuale risulta spesso inaccessibile e questo può essere motivo di forte frustrazione. Solitamente si pensa che un persona con un deficit fisico o mentale non abbia pulsioni o desideri, o che non possa entrare in relazione con l’altro a livello affettivo e sessuale.
Queste sono però idee errate, la sessualità infatti è un aspetto che riguarda ognuno di noi, in ogni fase della propria vita.
Questi purtroppo non sono gli unici ostacoli cui il disabile può andare incontro: spesso, le difficoltà più grandi riguardano il rapporto con il proprio corpo.
Infatti chi ha un problema di tipo motorio può non essere in grado di gestirsi autonomamente, mentre chi ha un deficit di tipo cognitivo può approcciarsi in modo scorretto al partner o ai propri bisogni, spesso anche con azioni autolesive.
È in questo contesto che nasce l’esigenza di una figura professionale che guidi l’individuo in un percorso di conoscenza personale, commisurato al grado di disabilità.
Ma esiste una figura di questo tipo? Domanda retorica: certo che esiste, ed è il lovegiver.
Chi è il Lovegiver?
Quella del Lovegiver è una figura ancora molto discussa in Italia, mentre in altri paesi come Germania, Olanda, Danimarca, Austria e Svizzera, i lovegiver sono da tempo una realtà consolidata e una figura professionale indispensabile per la presa in carico a 360° della persona disabile.
In Italia invece, nel gennaio 2013, nasce a Bologna il “comitato LoveGiver”, per l’istituzione della figura dell’assistente sessuale per le persone con disabilità, che mira proprio “alla formazione di un professionista di qualsiasi orientamento sessuale che, preparato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, aiuti la persona con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva e/o sensoriale a vivere un’esperienza affettiva, erotica e sensuale volta alla scoperta di sé e dell’altro” (Maximiliano Ulivieri, ideatore del progetto).
Cos’è il Lovegiver e di che cosa si occupa?
Il Lovegiver è un assistente sessuale formato per accompagnare la persona disabile nel percorso di scoperta del proprio corpo (e del corpo altrui) e della sessualità.
In realtà parlare semplicemente di assistente sessuale risulta essere piuttosto riduttivo, dato che il lovegiver non si limita alla sola controparte meccanica della sessualità.
A tal proposito sarebbe meglio parlare di assistenza all’emotività, all’affettività e alla sessualità consente di cogliere tutte le sfumature insite in questa complessa figura. Non si tratta infatti di realizzare una semplice prestazione sessuale, ma di educare ai sentimenti e alla relazione emotiva, anche attraverso il corpo, e giungere alla conoscenza del proprio corpo e di quello dell’altro.
Che cosa fa il lovegiver?
Il compito principale del lovegiver è quello di supportare le persone con disabilità nella sperimentazione della propria sessualità e dell’erotismo, in modo che anch’essi possano vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale.
Come si può leggere sul sito del progetto “gli incontri, si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l’esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull’attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica”.
Si tratta di una vera e propria educazione alla sessualità e all’intimità, che può passare per tre dimensioni diverse: quella ludica, in cui ci si approccia al proprio corpo, quella relazionale, in cui invece è il corpo dell’altro ad essere protagonista, e quella etica, in cui si scopre il valore della corporeità.
Non solo, l’intento è anche quello di cercare di rendere il disabile maggiormente responsabile di sé stesso e delle proprie azioni, e più consapevole dei propri desideri, bisogni, emozioni e sensazioni.
Attraverso (e grazie a) la nascita della figura del lovegiver si sta cercando di superare il tabù della sessualità all’interno del campo della disabilità.
Da non sottovalutare è poi l’enorme aiuto che viene fornito anche ai familiari del disabile, che spesso si trovano in imbarazzo o non sanno come gestire questo aspetto della vita del proprio caro, e finiscono o per cercare di reprimere i suoi istinti o per rivolgersi a professionisti del sesso che però non possono assolutamente comprendere a pieno le problematiche e i bisogni della persona diversamente abile.
La figura del lovegiver dovrebbe rientrare a pieno titolo in quella schiera di professionisti che si occupano di disabilità, in quanto il sesso e la sessualità sono espressioni del genere umano e un diritto per tutti.
Puoi approfondire leggendo questo articolo sulla sessualità disabile oppure contattare un sessuologo per assistenza.
Bibliografia
Maslow, A. H. (1954). The instinctoid nature of basic needs. Journal of Personality, 22, 326–347
Ulivieri, M. (a cura di) (2015). LoveAbilty, l’assistenza sessuale per le persone con disabilità. Edizioni Centro Studi Erikson, Trento.
Sitografia
Lezioni di sesso per disabili – Pregiudizi e “posizioni” a confronto